Il Torrente Perino è un importante affluente di destra del Trebbia e corre per circa 15 chilometri per confluire nel Trebbia presso il paese omonimo, circa 35 chilometri prima che lo stesso Trebbia finisca nel Po. Nella scheda correlata possiamo vedere che la Val Perino si sviluppa su un territorio caratterizzato da un paesaggio che alterna tratti particolarmente dolci ad altri più impervi, offrendo scenari sempre diversi ed interessanti. E’ nel suo medio corso che il Perino esprime la sua connotazione più aspra, poiché da uno scorrere placido grazie ad un letto fiancheggiato da ampi versanti, il suo percorso si rinserra improvvisamente in una stretta gola. In corrispondenza di questo tratto ambientale modificato ha inizio la parte più suggestiva della valle, in quanto prendono corpo una serie di cascate naturali, in un susseguirsi di visioni dove la natura e la forza dell’acqua diventano prorompenti, lungo un itinerario tanto facile da percorrere e ben tracciato, quanto capace di stupire il visitatore.
Questo bel tracciato lo si deve alla comunità di Calenzano che nel 1996 dette inizio ad una programmazione di manifestazioni estive per far fronte ai restauri della sua chiesa. Le feste organizzate, di carattere popolare, avevano come soggetti cultura e folklore locale, ma soprattutto natura. In quest’ultimo contesto si inserivano perfettamente le cascate del torrente Perino. E da qui ha inizio la valorizzazione e la fruibilità del territorio, per mezzo di camminamenti ben evidenziati, dove le asperità dei tratti più insidiosi vengono aggirati o resi comunque superabili grazie all’abilità degli esperti del CAI, capaci di tracciare una rete di sentieri che si articolano in tutto il territorio boschivo.
Le cascate del Perino, che raggiungono i 17 metri di altezza, rappresenta oggi un itinerario tra i più suggestivi dell’intera provincia piacentina, dove la natura si fa ascoltare in tutta la sua armonia, in tutti i suoi suoni… dal canto libero degli uccellini al fruscìo delle foglie carezzate dal vento, dallo scorrere incessante delle acque superato solo dal lontano rintocco delle campane della sera. Si procede immersi in un ambiente dove la presenza umana è l’elemento di maggiore contrasto con tutto il resto circostante. In ogni stagione l’escursione si rivela un continuo susseguirsi di piacevoli visioni, di belle sensazioni, e forse in questo freddo periodo viene messo in luce il vero volto di queste bellezze naturali.
Una tappa del percorso è il Mulino dei Riè, una bella architettura rurale, in stato purtroppo ancora di abbandono, pericolante, che testimonia una delle realtà della tradizione del luogo; infatti qui un tempo numerosi erano i mulini le cui pale erano azionate dallo scorrere dell’acqua. Il sentiero ha inizio a Calenzano, in prossimità della chiesa di S. Lorenzo, dove si può lasciare l’auto e seguire le indicazioni delle cascate, preferibilmente muniti di macchina fotografica o telecamera per cogliere le meraviglie di questo sorprendente itinerario.
Escursioni
Un ulteriore itinerario è il n. 181
M. Osero Calenzano – Piccoli – m. Osero – Costa Suriana – Calenzano
Calenzano – Piccoli – M. Osero km 4.5
M. Osero – Costa Suriana – Calenzano km 3.5
Dislivello 598 metri
Tempo salita 1,45 ore
Tempo discesa 1,15 ore
Carte: RER Alto Appennino Piacentino Nord
IGM 25000 Edizione 1 del 1996 foglio 197 sez. I – Bettola
Si parte dalla chiesa di S. Lorenzo in Calenzano lungo il percorso contrassegnato dal n. 181 che segue dapprima la rotabile fino alla frazione Piccoli poi nei pressi della fontana e dell’Oratorio di S. Rocco devia lungo uno stradello che a destra dirige alla cascina lago di Bens.
Qui tiene ancora a destra su una stradicciola che con moderata pendenza si innalza raggiungendo ben presto la costa che domina l’abitato di Leggio (900 m, ore 0,30). Passato un rudere prosegue costeggiando le propaggini del monte Osero ai margini della zona rimboscata a conifere fino ad incrociare il sentiero 001 proveniente dal passo del Cerro (1058 m, ore 0,30).
Il percorso ora più ripido e faticoso si snoda lungo il crinale in direzione sud ovest sotto le fresche fronde di un bel bosco di faggio per poi sbucare, all’improvviso, su un’ampia zona prativa che degrada verso il passo della Cappelletta. Per superare l’ultimo groppone si procede per tracce di sentiero che a destra ne risalgono il versante fino alla sommità (1301 m, ore 0,45).
Magnifica la vista sulla valle del Perino, le frastagliate cime della Concrena e sui paesini sparsi lungo la vallata Pradovera, Aglio, Villanova, Calenzano, Piccoli, Leggio….
Per la discesa segue con direzione sud-ovest il reticolato al limitare della boscosa parete che precipita a fondovalle con quasi 900 metri di strapiombo fino a formare il torrente Perino.
Aggira piegando a sinistra un risalto roccioso per giungere sulla panoramica Costa Suriana dove volta decisamente a destra mantenendosi entrando nella faggeta divalla rapidamente fino all’attraversamento del Rio del Buco, asciutto ad estate inoltrata, ma che può presentare, in veste invernale, una magnifica cascata di ghiaccio (1050 m, ore 0,30). Man mano che il sentiero si avvicina a Calenzano assume la fisionomia di stradello e attraversa, con sinuose curve, ampie zone un tempo ben coltivate lasciando al contempo ampi spazi panoramici sulla sottostante valle. Si giunge così sulla strada asfaltata ormai in prossimità della chiesa. (ore 0,45).
A cura del C.A.I.
altre curiosità
Nel 1857 l’allora parroco di Calenzano Don Giuseppe Molinari presentava così la sua parrocchia
Calenzano villa del comune di Bettola, distante dal capoluogo miglia sette, detta volgarmente Val di Prino giace sulla destra del torrente Perino che la lambisce in gran parte, alle falde del Monte Osero. E’ parrocchia di libera collocazione congrua (vale a dire che possiede beni immobiliari ndr), conta 480 anime il di lei territorio è in gran parte fertile. Vi prospera il frumento, il granturco.Il vento meridionale vi domina prepotente con danno notabile alle biade. Nei limiti di detta villa giganteggia il Castel d’Erbia antica sede dei conti Nicelli, un tempo potenti feudatari in Val Nure. Ora però trovasi in cattivo stato né atto a porgere più abitazione a civile persona. Esso vien confinato al nord dalla Villa Cogno S. Bassano mediante il Monte Osero, al sud dalla Villa d’Aglio ad est da quella di Pradovera e all’ovest da quella di Leggio, un tempo dipendente dalla diocesi di Pavia”.
Il 15 giugno 1656 Don Domenico Cavanna così scriveva dei suoi parrocchiani
“Sotto le mie suddette chiese (La chiesa parrocchiale di San Lorenzo, di Sant’Andrea di Montosero e di San Biagio in Erbia ndr) non vi sono bestemmiatori, usurai concubini di sorta alcuna, né streghe né stregoni. Nelle feste principali fra l’anno e in tutte quelle dell’Avvento e tutta la Quaresima s’esplica il Vangelo al Popolo. Non si tralascia la messa in festa alcuna. S’amministra la Confessione e la Comunione nella Pasqua alla Natività del Signore a tutti i parrocchiani e ad alcuni fra l’anno. Al tempo dell’estate non osservano parte della festa (occupati) nei fieni e nei raccolti (..) vengono però alla Messa (..)”
Questo giudizio così lusinghiero sulla devozione religiosa dei Calenzanesi, era però in contrasto con altre annotazioni: Don Molinari nel 1856 a conferma di questo giudizio negativo sul carattere dei Calenzanesi riporta un fatto di cronaca nera: l’esecrando assassinio commesso sulla persona del signor Pietro Belli da alcuni uomini di questo paese nella sera del 20 novembre 1830. L’assassinio di Pietro Belli è descritto come un’esecuzione mafiosa in piena regola .Il libro dei morti così riferisce: “Lapidibus et fustibus occisus in via publica hora fere una noctis quin ullum articulavit verbum, a malis hominibus (…)” (ucciso a sassate e a bastonate sulla pubblica strada all’una di notte, senza che potesse articolare parola, da uomini cattivi).
Nel 1867 un’epidemia di colera colpì le popolazioni di Calenzano e Montosero e provocò numerosi morti (…)
Medicinali per colerosi: “Una bottiglia su cui sarà scritto mistura eccitante da darsi agli ammalati più gravi a cucchiai all’intervallo di un’ora circa. Limoni, vino generoso, polveri astringenti contro la diarrea da darne quattro o cinque al giorno all’intervallo di un’ora circa. Sempre da mettere nell’acqua bollente (…)”
La ricetta apparteneva al dottor Bissi, dottore piacentino sostituto del signor Pazzia, medico comunale ammalato di colera.